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Sempre più frequentemente si sente parlare di Realtà Aumentata e Realtà Virtuale in molti e diversi ambiti applicativi. Alcuni ancora fanno confusione tra le due tecnologie, non sapendo che, mentre l’AR delinea una forma di contesto incrementato da informazioni aggiuntive digitali avanzate, la Realtà Virtuale fa invece riferimento ad un mondo realistico ma completamente digitale. Negli ultimi tempi le aziende hanno iniziato a considerare l’efficacia di questi strumenti per realizzare soluzioni progettuali innovative e coinvolgenti e soprattutto la formazione si sta rivelando terreno fertile.

In particolare, la Realtà Virtuale è vista come uno strumento capace di apportare valore all’apprendimento: si pensi al dover imparare ad utilizzare un macchinario, a migliorare le capacità di problem solving o a incrementare le skill di team management.

Volendone dare una definizione, la VR prevede la realizzazione di un contesto tridimensionale simulato e spesso molto realistico: grazie all’utilizzo di appositi visori per la Realtà Virtuale, l’utente può sentirsi immerso all’interno di un ambiente virtuale e ricevere dei feedback visivi e sonori che gli consentono di esperire realmente la sua presenza fisica, potendo muoversi a 360° all’interno dell’ambiente costruito. Contesti avanzati prevedono anche la possibilità di sentire a livello tattile attraverso guanti muniti di sensori e di interagire con gli elementi presenti.

Questo tipo di esperienza permette di aumentare il livello di coinvolgimento e di assimilare le informazioni con un’efficacia 3 volte superiore rispetto a qualsiasi altro strumento multimediale. L’apprendimento trova suolo nel quale attecchire se corredato da esperienze che consolidino le nozioni fornite: l’uomo impara esperendo, facendo esperienza, e la VR permette proprio di costruire un’esperienza per gli utenti finali, così che possano vivere gli scenari di cui necessitano per incrementare le proprie skills. Si parla quindi di immersive learning.

In un periodo in cui realizzare dal vivo le attività necessarie per apprendere e migliorare le competenze, nella cosiddetta formazione outdoor (al di fuori della struttura aziendale e dei suoi schemi), la tecnologia della VR viene in soccorso permettendo il vivere simulato.  

Cosa significa questo? Grazie alla VR le persone possono essere formate ovunque e in vasti campi, in maniera mirata, approfondita.  A questo si aggiunge la possibilità di rivivere l’esperienza tante volte quanto è necessario per assimilare appieno concetti e procedure; in tal modo si semplifica anche l’inserimento di nuove figure in azienda, ad esempio, così come l’acquisizione di nuove competenze e si velocizzano i processi di produzione interna.

Proprio in merito a quest’ultimo aspetto, è importante osservare per un attimo quanto riscontrato dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano: durante il primo lockdown lo Smart Working “ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani”.

Ciò pone in evidenza un problema sul quale prestare particolare attenzione: non trasformare lo smartworking in semplice telelavoro. È importante comprendere che il “lavoro da casa” non si limita alla sua stessa definizione, ma richiede un netto ripensamento della cultura e dei processi organizzativi aziendali, oltre a strumenti e mezzi nuovi.

Ed è qui che entra in gioco la Realtà Virtuale: per migliorare e far sviluppare le cosiddette soft skill ai dipendenti, che sono chiamati ad evolversi sullo stesso ritmo dell’azienda e dei tempi.

Secondo il rapporto 2020 Workplace Learning Report di LinkedIn, la trasformazione digitale sta accelerando bruscamente il processo di riqualificazione (reskilling) e di miglioramento delle competenze già possedute (upskilling). Come rileva il sondaggio, realizzato intervistando quasi 7 mila professionisti nel campo delle risorse umane, dell’apprendimento e dello sviluppo, nel 2020 le aziende hanno previsto di investire tempo e risorse proprio nello sviluppo delle soft skill dei loro dipendenti: quasi il 50% degli intervistati ha indicato questa come priorità per il 2021. 

In un contesto in continua evoluzione, una competenza puramente tecnica avrebbe un ciclo di vita di circa 3-5 anni, mentre le soft skill sarebbero sempre richieste, giocando un ruolo fondamentale nel successo di un percorso professionale, indipendentemente dal ruolo e dal contesto in cui si è impiegati. Il 99% degli intervistati ha inoltre affermato di credere che se il divario di competenze presenti nella propria azienda non sarà colmato nei prossimi anni, si avranno ripercussioni negative in termini di crescita, soddisfazione dei clienti, qualità dei prodotti e capacità d’innovazione dell’azienda.

Attualmente, tra le soft skill più richieste abbiamo creatività, capacità di persuasione e di collaborazione, capacità di adattamento e intelligenza emotiva: tutte competenze centrate sulla capacità di lavorare in team e di sviluppare le cosiddette personalità resilienti, in grado quindi di reagire a situazioni di stress e di difficoltà con pensiero creativo e proattivo. 

Attraverso la Realtà Virtuale, le aziende e gli enti di formazione hanno la possibilità di strutturare delle vere e proprie palestre virtuali in grado di porre le persone davanti ai problemi che devono affrontare per migliorare le proprie soft skill. Ad esempio:

  • realizzare una presentazione davanti ad altri colleghi o clienti;
  • gestire una lamentela da parte di un cliente;
  • gestire un team di lavoro con una serie di problematiche interne (incomprensioni, membri di religioni differenti, membri predominanti, ecc.);

Il lavoratore impara così come affrontare le possibili situazioni di stress che potrebbe ritrovarsi a fronteggiare, ma senza il coinvolgimento emotivo che si potrebbe creare in una situazione reale: si mette in atto una sorta di training capace di allenare le diverse personalità a destreggiarsi in situazioni complesse. 

Tra i principali punti di forza del coinvolgimento della VR per incrementare le soft skill si evidenziano:

  • possibilità di ricreare scenari adatti al contesto in cui opera l’azienda/il lavoratore;
  • possibilità di ricreare scenari fittizi, metaforici a seconda della metodologia applicata;
  • possibilità per un individuo di interagire realmente con il contesto creato, dando quindi il senso di vivere davvero la situazione;
  • generazione di esperienza vissuta;
  • favorire l’autoriflessione e l’autovalutazione, poiché il dipendente ha modo di vedere e constatare praticamente come avrebbe reagito di fronte ad una situazione simile a quella esperita;
  • coinvolgimento attivo delle persone, poiché le catapulta in un luogo “altro” reale, ad hoc, immersivo;
  • possibilità di coinvolgere tecniche e metodi propri del gioco, favorendo un apprendimento basato sul divertimento;
  • attraverso appositi software collegati all’attrezzatura per la VR, è possibile monitorare e analizzare parametri biometrici (battito cardiaco, la respirazione, ecc.), potendo così comprendere le reazioni del dipendente rispetto a quella data situazione e strutturare uno step formativo successivo che ne tenga conto in modo proattivo.

 

La Realtà Virtuale sta diventando uno scenario sempre più reale nel contesto formativo. Grandi aziende come Facebook e Wallmart ad esempio hanno già integrato percorsi formativi di Immersive Learning per formare e migliorare le competenze dei propri dipendenti. Facebook in particolare ha stabilito per il 2021 il lancio di Infinite Office, una suite di app e strumenti di lavoro totalmente in VR che permetteranno lavorare da casa ma allo stesso tempo di collaborare in tempo reale con gli avatar dei propri colleghi in un ambiente (virtuale) che ha tutte le caratteristiche e le funzionalità di un ufficio. Se le stime dei grandi stakeholders sono corrette, nel giro di appena 2-3 anni sarà possibile vedere questa tecnologia sempre più diffusa negli ambienti formativo-lavorativi.

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