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Indipendentemente da tutto, nessuno può controbattere il fatto che le emozioni siano i colori del mondo.
E anche qui qualcuno può essere daltonico, ma con un po’ di esercizio ti puoi innamorare di sfumature incredibili. Approfittiamone.

(Mick Odelli – CEO DrawLight)

 

Ad oggi la quotidianità è permeata di storie. Spot televisivi, video in e per la rete, packaging di prodotti di varia natura sono tutti strutturati per raccontare qualcosa. Di conseguenza, a prescindere dalla strategia narrativa adottata, il fulcro risiede nell’incastrare concetti, situazioni e oggetti all’interno di costrutti in cui è possibile immedesimarsi. Ma perché tanto affanno? E soprattutto, perché tanta efficacia?

La risposta sembra aprire ad un mondo apparentemente “nuovo” che invece basa le fondamenta della propria area di studio esattamente sui processi che da sempre caratterizzano il funzionamento del cervello umano e dei comportamenti che ne derivano: le neuroscienze applicate all’ormai canonico storytelling.

UN PROCESSO PRIMORDIALE: CREIAMO STORIE PER CAPIRE IL MONDO (STORYTELLING)

Andrea Fontana – storyteller di professione, docente e autore di libri quali Storie che incantano: il lato narrativo dei brand (2018), Storytelling d’impresa (2016), Marketing Narrativo: usare lo storytelling nel marketing contemporaneo (2010) – afferma:

 

Il termine “story”, infatti, parte della parola “storytelling”, rimanda al nostro termine “racconto” e questo a sua volta alla questione delle “rappresentazioni” e delle “simulazioni”. […] fare storytelling significa anche dare vita a un universo narrativo, una sorta di habitat da parte di un soggetto-autore che invita altri soggetti a partecipare a un destino. A un preciso posizionamento esistenziale.

 

Prima che il mezzo della scrittura venisse concepito, il tramandarsi delle storie rappresentava l’unica forma di condivisione e assimilazione delle conoscenze: maggiori erano le volte in cui si partecipava all’ascolto, più era forte l’interiorizzazione delle informazioni trasmesse e così di generazione in generazione. Se si riflette su questo aspetto, è possibile osservare che tale meccanismo risiede ancora nelle nostre pratiche quotidiane più essenziali (aneddoti sull’infanzia o particolari avvenimenti della propria famiglia; amici che raccontano tali situazioni; riproporre il tutto a colleghi e conoscenti in una crescente concatenazione).

Le storie creano interazione sociale, viaggiano attraverso il tempo, forniscono una prospettiva all’interpretazione della realtà, soddisfacendo la naturale esigenza dell’essere umano di attribuire senso alla “caoticità” della realtà che lo circonda. Ecco perché vengono create ed ecco perché se ne necessita.

L'ABC DELLE EMOZIONI: SIAMO FATTI DI SOSTANZE (NEUROSCIENZE)

Una narrazione fa leva quindi sull’esperienza e sulle emozioni, in quanto l’immedesimarsi nelle vicende raccontate nella storia, fornisce al cervello la possibilità di fare esperienza di situazioni ipotetiche.
Infatti durante l’esecuzione del racconto o l’ascolto la mente umana è chiamata a rivivere quella data situazione e per far ciò attiva specifiche aree ad ogni richiamo; tale attivazione permette di poter sollecitare quelle informazioni con più facilità rispetto a quelle meno “attivate”, generando un consequenziale radicamento nel subconscio di quell’esperienza.

Il neuroscienziato Antonio Damasio sostiene che le emozioni e i sentimenti non siano da considerarsi come una “lussuria”, bensì come il modo a di comunicare i propri stati mentali agli altri, nonché una guida per poter prendere decisioni.

Ogni parola, gesto, suono o immagine è in grado di innescare un’emozione che a sua volta è strettamente legata all’attivazione di molteplici meccanismi che insorgono a causa della produzione di specifiche sostanze, talvolta concatenate.

Considerando la fruizione di una “storia” (visione, ascolto, lettura), il nostro corpo crea nel seguente ordine:

  • Dopamina – La sostanza che genera fretta, anticipazione. Il solo raccontare o “ricevere” una storia stimola il sistema limbico a produrla ed è essa stessa che induce a produrne ancora. Si ha fame di quella storia.
  • Ossitocina – Noto anche come “l’ormone dell’amore”, stimola l’identificazione, la relazione col prossimo, l’empatia. Crea quindi legame affettivo con i personaggi e gli avvenimenti della storia.
  • Cortisolo – È l’ormone dello stress, ciò che provoca il senso di preoccupazione e aspettativa durante il racconto. Il corpo lo genera automaticamente per aumentare la soglia dell’attenzione e aiutare così la concentrazione.
  • Endorfina – Genera eccitazione, euforia e felicità. Insorge al momento del climax della storia, quando si giunge all’apice della narrazione dove tutto è svelato o risolto. Dopo lo stress percepito, si ottiene quindi il premio, la gratificazione, facendo diminuire il cortisolo.

 

Un concetto chiave che si inserisce trasversalmente in questo discorso è quello di Flow (o esperienza ottimale), introdotto dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi nel 1975, poi estesosi a diversi altri ambiti. Consiste in uno stato mentale che comporta la totale immersione in un’attività; questa condizione di completo coinvolgimento dell’individuo genera focalizzazione sull’obiettivo, motivazione intrinseca, positività e gratificazione nello svolgimento di un compito. Se si riflette con attenzione, la creazione degli ormoni sopra citati ha uno stretto legame con gli effetti generati dal flow; in particolare la dopamina e il cortisolo, venendo annullati, generano uno stato di performante benessere che contribuisce ad una serie di vantaggi legati alla concentrazione. Tutto ciò coincide trasversalmente con la struttura del Digital Storytelling elaborata da Joe Lambert, dove è possibile osservare 7 elementi principali:

  • Punto di vista personale – L’uso della prima persona riduce immediatamente la distanza dell’audience verso l’oggetto della comunicazione.
  • Contenuti coinvolgenti – La narrazione deve avere una struttura in grado di sorprendere, fornendo domande e risposte non banali.
  • Emozioni – Attraverso la loro evocazione, si favorisce un maggiore impatto e ricordo del messaggio.
  • Economia – Con poche parole bisogna essere in grado trasferire concetti mirati.
  • Ritmo – Dare un tempo adeguato alle modalità narrative aiuta la sua comprensione e ritenzione in memoria.
  • Voce – Usare timbro, tono e inflessione specifici per il tipo di narrazione realizzata aiutano l’efficacia del messaggio.
  • Colonna sonora – Come per la voce, la musica aggiunge profondità alla narrativa, contribuendo a quanto detto nei punti precedenti.

 

Il cervello, attuando il processo del Perceptual Framing, per sua natura attribuisce significati, cerca quindi costantemente di individuare coerenza tra gli input che riceve per riuscire a comprendere la realtà. Tali dinamiche ricadono inevitabilmente anche sui processi decisionali. Per l’appunto, secondo Peter Noel Murray (sugli studi di Damasio), quando si è posti di fronte a una decisione, i sentimenti che provengono da esperienze passate creano dei pregiudizi nella scelta; in particolare il nostro cervello ricercherebbe costantemente i sentimenti positivi in grado di permettergli di prendere la “decisione giusta”.

Una narrazione, una storia nasce proprio per creare senso all’oggetto attorno a cui ruota e nel farlo necessita di conoscere le persone a cui si rivolge. Alcuni potrebbero sostenere l’aspetto innovativo di questo nuovo connubio tra storytelling e neuroscienze, ma se invece si trattasse soltanto dell’esplicitazione di un’unione primordiale?

 

L'interesse di Wonderlab verso queste tematiche è legato non solo all'impegno nel monitorare costantemente come migliorare l’efficacia e l’efficienza dei sevizi offerti, ma anche per incrementare le capacità interrelazionali con i propri clienti. Il tutto nell’ottica complessiva di comprendere le migliori modalità per realizzare un mix di metodi, strumenti e strategie narrative adeguato alle singole esigenze.

 

La cosa bella del mio lavoro sta nel fatto che abbiamo a che fare con le emozioni, un linguaggio universale che è simile a tutti.
Non importa chi sei nella società, qual è la tua professione o quanti soldi possiedi. 
Sei semplicemente un essere umano.
(Mick Odelli – CEO DrawLight)

 

FONTI

Mick Odelli

Antonio Damasio, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Adelphi, Milano, 1995

Andrea Fontana, Storytelling d’impresa. Milano, Hoepli, 2016

 

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