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Quali territori sono stati capaci negli ultimi anni di creare l'ecosistema ideale per stimolare la competitività e le prospettive di crescita delle proprie imprese? A tentare di dare una risposta ci ha provato l'Institute for Entrepreneurship and Competitiveness della Liuc – Università Cattaneo di Castellanza, stilando l’Indice del Fermento Imprenditoriale, uno strumento che valuta performance imprenditoriali, tessuto industriale, sviluppo finanziario, innovazione e sviluppo delle competenze. Si tratta di cinque aspetti fondamentali, che rendono corpo e sostanza a quelle imprese che provano a farsi spazio nel complesso tessuto economico di un Paese non sempre dedito al sostegno di lavoratori pionieri allo sviluppo innovativo.  


Tre gli obiettivi principali – come si legge nel report – che si prefigge il lavoro dell’Istituto che fa capo alla Liuc:

  1. Creare una mappa degli ecosistemi imprenditoriali italiani più dinamici e in “fermento”, utile sia agli aspiranti imprenditori che alle imprese consolidate per navigare in maniera consapevole tra i vantaggi competitivi offerti dalle province e prendere decisioni più informate su dove investire le proprie risorse.
  2. Sostenere i processi decisionali e strategici delle funzioni di governo regionale e locale circa i propri punti di forza, le aree da migliorare e le migliori pratiche adottate da ecosistemi di successo. 
  3. Supportare le agenzie di sviluppo e gli operatori di settore (consulenti e analisti) nell'aiutare imprenditori, manager e, nel complesso, gli ecosistemi, a prosperare grazie ad un set di indicatori comparabili tra province e nel tempo.

 

Ai primi tre posti si trovano Milano (prima con il punteggio massimo 100), Roma e Bologna, mentre in coda alla graduatoria si trovano Pordenone, Cremona e Macerata, cinquantesima. E Salerno? Non proprio in fondo alla classifica delle prime 50 città, ma quasi. «Ci sono poi realtà che hanno tra i punti di forza la capacità di creare «ottime sinergie tra privato e pubblico come Lecce, Cremona, Salerno, Palermo, Udine» si legge nella ricerca del Liuc. La città d’Ippocrate si piazza quarantesima in questa speciale graduatoria: un piazzamento dignitoso, in cui spicca l’alto punteggio incassato alla voce Performance imprenditoriale (69 su 100), ma che perde terreno su Innovazione e Sviluppo competenze (rispettivamente 15 e 13 su 100).  
 

La fotografia dello stato di salute delle aziende da parte dell’Istituto di ricerche socio economiche riporta, dunque, uno scatto in parte favorevole della provincia salernitana. Seppur non essendo sinonimo di introito, aspetto caldeggiante l’avvio di un’azienda, Salerno resta ugualmente un terreno fertile in termini di progettualità e investimenti. Tuttavia, se ci limitassimo a guardare le cose da un punto generalizzato, non riusciremo mai a fare qualcosa di diverso. È la storia, come spesso accade, che ce lo insegna. È necessario considerare le straordinarie opportunità e le minori barriere che la città offre per avviare un’impresa in questo momento, nonostante l’emergenza Covid non incarni il contorno ideale per incentivare gli imprenditori del nostro territorio ad investire. Come sempre accade la strada che porta alla redditività è intrisa di ostacoli di ogni tipo, e se non si è pronti a rischiare per superarli l’impresa difficilmente durerà nel tempo.

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