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In pochi sanno che dal 6 giugno 2023 è stato attivato il Domicilio Digitale, un servizio, regolato nel CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale) nel dicembre 2017, quasi 7 anni fa!

L’evoluzione normativa ha introdotto l’INAD, cioè l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese, in pratica un elenco di indirizzi PEC associati ai cittadini, che ne identificano un recapito equivalente alla residenza fisica tradizionale.

Grazie a questa innovazione una PEC può essere inviata a chiunque sia censito, in luogo di una raccomandata, assicurando il medesimo valore legale. I vantaggi sono molteplici: dalla dematerializzazione (l’invio in digitale evita la produzione e stampa di documenti cartacei) alla rapidità (la PEC arriva istantaneamente mentre la posta raccomandata richiede giorni), dall’immediata tracciabilità (le ricevute arrivano direttamente alla casella PEC mittente) alla possibilità di ricevere la comunicazione ovunque, essendo legata al web e non ad un posto fisico. Soprattutto, anche in caso di cambio di residenza, il domicilio digitale resterebbe immutato (essendo collegato alla persona e non alla sua localizzazione fisica) e quindi sarebbe sempre possibile trasmettere informazioni senza problemi di reperibilità del destinatario. Tutto molto bello ed efficiente, se non fosse che, ad oggi, le Pubbliche Amministrazioni continuano ad ignorare l’INAD: tutte le comunicazioni viaggiano ancora sui canali tradizionali. Oltre allo spreco (e ai costi di notifica che ricadono sui cittadini quando l’invio a mezzo PEC sarebbe gratuito) siamo dinanzi ad una vera e propria violazione, poiché dal 6 luglio 2023 le P.A. sono obbligate a consultare l’INAD, eppure molte di esse non ne conoscono nemmeno l’esistenza!

Ad oggi, già 2,5 milioni di persone hanno attivato il proprio domicilio PEC: una cifra importante (anche considerando che è un tema quasi per nulla pubblicizzato), cui purtroppo, ancora una volta, corrisponde un’infrastruttura pubblica arretrata. Una amministrazione che non è in grado di valorizzare la spinta innovatrice di tanti “ottimisti digitali”, costretti, come sempre, a scontrarsi con una burocrazia che arranca sul terreno dell’innovazione e, solito paradosso italiano, si contraddice, andando persino contro le prescrizioni normative che essa stessa si impone!

 

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