Quando si parla di trasformazione e allineamento digitale è inevitabile non considerare come tali cambiamenti impatteranno sulla vita aziendale, sulle sue abitudini organizzative ed esecutive, nonché su come queste dovranno necessariamente subire delle modifiche per adattarsi al nuovo scenario. Che si tratti di persone o di imprese, più un processo è ripetuto più forte diventerà il collegamento tra il contesto e l’azione, aumentando di conseguenza il comportamento automatico.

 

Come le persone che le compongono, anche le aziende sviluppano abitudini nel tempo, abitudini che possono essere di pensiero o di azioni.

Se un’abitudine è un pattern di comportamenti acquisiti e seguiti fino a che non diventa un comportamento automatico o involontario, allora un’abitudine organizzativa è una pratica abituale o una risposta radicata ad uno stimolo che è spesso accettato e sul quale non si riflette.

Trasformare un’organizzazione significa non solo che bisogna essere consapevoli di ciò che sono queste abitudini organizzative, ma anche quanto possono essere potenti nel resistere ai cambiamenti e nel renderli possibili.

 

Nel libro The Power of Habit, Charles Duhigg pone in evidenza quanto l’uomo faccia affidamento sulle abitudini per liberare le proprie risorse inconsce, sostenendo infatti che, poiché l’attenzione conscia e la memoria di lavoro sono limitate e durante il giorno si è “costretti” a rispondere costantemente a migliaia di stimoli, l’uomo si ritrova a dover gestire tutto questo delegando la maggior parte delle risposte al subconscio. In merito, uno studio della Duke University ha stimato che le abitudini, piuttosto che dar vita ad un processo decisionale consapevole, danno forma fino al 45% delle scelte quotidiane attuate.

Secondo Duhigg, il modo migliore di cambiare un’abitudine, “buona” o “cattiva” che sia, è di rimpiazzarla con una nuova e per farlo è possibile applicare quello che lui definisce Habit Loop, Ciclo dell'abitudine, composto da 3 elementi principali:

  1. Segnali – i segni che innescano l’inizio di un’abitudine;
  2. Routine – l’azione che si intraprende;
  3. Ricompensa – il beneficio che se ne trae dal farla.

I segnali innescano un’azione, la “ricompensa” la rinforza, una routine si sviluppa.

 

Fare questo tipo di analisi aiuta a capire che le abitudini sono presenti in diversi elementi, ognuno dei quali potrebbe essere sfidato e cambiato. I segnali, la routine e la “ricompensa” che formano le abitudini acquisite dalle persone consentono di interrogare le origini da cui sono nate e cosa le rinforza.

Capire tutto questo nel contesto d’impresa rappresenta una grande occasione per riformare le abitudini e, soprattutto nel contesto della trasformazione digitale, di renderle amiche piuttosto che nemiche.

SEGNALI

Quando percepiamo il segnale di voler cambiare un’abitudine, bisogna porsi delle domande riguardo la propria situazione:

  • Dove siamo?
  • Cosa è appena accaduto?
  • Chi altro è coinvolto?
  • Cosa avevamo appena fatto?
  • Quali emozioni stiamo percependo?

Ciò aiuterà a indentificare la maggior parte dei segnali comunemente più ricorrenti.

RICOMPENSA

Con le ricompense si deve capire il bisogno che l’abitudine sta soddisfacendo:

  • È un bisogno legato allo status? All’ego? O alla gratifica?

Una volta che la ricompensa è stata identificata si può testare la propria diagnosi sostituendo un’altra ricompensa o facendo un ulteriore esperimento con altre ricompense finché non si trova quella corretta.

ROUTINE

Dopo aver identificato il segnale e la ricompensa, è possibile cambiare l’abitudine inserendo una nuova routine.

Questa nuova attività poi può essere ancora innescata da vecchi segnali e portare alle stesse vecchie ricompense.

Duhigg suggerisce di scrivere un piano per il cambiamento lungo queste linee:

  • Quando… (inserire il segnale)
  • Farò… (inserire la nuova routine)
  • Perché mi dà… (inserire la ricompensa)

 

Quando si apportano cambiamenti ad un’azienda si ha bisogno non solo di essere consapevoli di quali siano le abitudini organizzative sviluppate nel tempo, ma anche quali sono i segnali e le ricompense associati a quelle routine. Nel contesto della trasformazione digitale, anche le abitudini devono diventare “digitali” e quindi adeguare le precedenti ai nuovi obiettivi, ai nuovi strumenti, alla nuova vision.

 

Bisogna focalizzarsi su ciò che Duhigg definisce Keystone Habits, i comportamenti particolarmente significativi che possono agire per creare una cultura all’interno dell’azienda e sbloccare tutti gli altri pattern presenti nella vita delle persone e dell’azienda stessa.

Queste “chiavi di svolta” sono molto più importanti delle altre abitudini, siccome possono partire da una reazione a catena che innesca dei cambiamenti anche nelle altre abitudini in maniera progressiva, dando vita ad un processo che nel tempo può trasformare un set di comportamenti più ampio.

Per identificare queste Keystone Habits bisogna concentrarsi su 3 caratteristiche fondamentali:

  1. le Keystone Habits creano piccole vittorie, sono punti/luoghi da cui si può sviluppare lo slancio e sono caratterizzati tipicamente dal creare tante piccole vittorie;
  2. creano nuove piattaforme o nuove basi da cui possono emergere altre abitudini;
  3. cambiano il senso di ciò che è possibile, danno fiducia e così stabiliscono una cultura dove una qualità o una virtù (come cambiamento, perseveranza, eccellenza, ecc.) diventa apparentemente contagiosa.

 

Quali potranno essere le Keystone Habits in un’azienda è un aspetto estremamente soggettivo, ma quando si pensa alla trasformazione digitale le abitudini chiave che contano saranno probabilmente quei comportamenti e approcci che sono fondamentali per le operazioni quotidiane dell’azienda e che possono catalizzare nuovi modi di lavorare lungo un ampio spettro di funzioni e ruoli.

Un esempio potrebbe essere come l’organizzazione usa i Big data nelle loro operazioni quotidiane, i comportamenti riguardo l’apertura e la trasparenza o gli approcci verso il rischio e la sperimentazione.

Qualsiasi siano le Keystone Habits identificate come sufficientemente rappresentative e di impatto, è fondamentale che il successivo focus strategico prenda vita nel tessuto stesso di ciò che l’organizzazione fa ogni giorno e che rimanga agile.

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