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Il mondo della grafica 3D sta riscuotendo sempre più successo in molteplici ambiti applicativi, in quanto permette di realizzare prodotti innovativi, dinamici e di impatto. Nell’articolo precedente abbiamo parlato della tecnica delle UV Map per la creazione di texture da assegnare agli oggetti 3D; oggi ci concentreremo sul procedimento del rendering, declinabile in diverse modalità a seconda del tipo di prodotto che si intende generare (es.: immagini bidimensionali, architetture, ecc.).

Nella fattispecie, quando si parla di rendering 3D si fa riferimento ad un processo che, attraverso l’utilizzo di diversi software, permette di trasformare oggetti tridimensionali in immagini bidimensionali. Similarmente alla fotografia ogni software di rendering presenta una telecamera che inquadra l’oggetto come una fotocamera. Per rendere al meglio l’immagine si possono modificare le luci, le ombre, i materiali dell’oggetto, l’ambiente in cui è posto e molto altro.

Le prime sperimentazioni di rendering avvengono nel 1960 quando William Fetter crea una rappresentazione di un pilota in una cabina di pilotaggio: grazie a questo render si riuscì a capire quello che era lo spazio giusto per una cabina di pilotaggio. Ma per avere il primo render in 3D dobbiamo aspettare il 1975 quando Martin Newell creò un modello 3D di una tazza da tè per testare i primi programmi di render.

Al giorno d’oggi, questa teiera è diventata l’oggetto di test standard ed è possibile paragonarla, ad esempio, al classico “Hello Word” di chi si avvicina per la prima volta alla programmazione.

Nel corso degli anni sono state create diverse tecniche di rendering aventi lo stesso obbiettivo: realizzare un’immagine basandosi sul modo in cui l’oggetto 3D viene colpito dalla luce come nella vita reale.

Tra i diversi tipi di rendering possiamo trovare:

  • Rasterizzazione: tra le prime tecniche utilizzate, il software colora i vari poligoni; quest’ultimi hanno dei vertici che portano le varie informazioni necessarie come, ad esempio, il colore.
  • Ray- Casting: questa tecnica permette di “renderizzare” solo la parte inquadrata dalla telecamera, mentre tutto il resto dell’oggetto non verrà preso in considerazione.
  • Ray- Tracing: molto simile al Ray-Casting, con questo procedimento viene rappresentato in modo migliore il concetto di luce. I raggi di luce prodotti vengono proiettati sull’oggetto e quest’ultimo emette raggi d’ombra oppure, se l’oggetto è composto da materiale riflettente, i raggi di luce rifletteranno ad angolo illuminando altre superfici.
  • Equazione: questa tecnica, rispetto alle precedenti, considera tutte le fonti di luce all’interno del programma tentando di creare un’immagine il più reale possibile.

Il render 3D ha cambiato completamente il modo di lavorare, aumentando la velocità di produzione di progetti, soprattutto nel mondo dell’architettura e dell’ingegneria. Anche il mondo dell’intrattenimento ha ottenuto grandi benefici dal miglioramento delle modalità di “renderizzare” gli oggetti: grazie ai potenti software e alle tecniche innovative odierne, studi di animazione, di cinema e le grandi produzioni videoludiche possono puntare a fornire prodotti sempre più reali e “vivi”.

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