Negli ultimi anni, il settore industriale è stato caratterizzato dall’arrivo e da una rapida diffusione delle stampanti 3D, ovvero quelle stampanti che, come suggerisce il nome, permettono di stampare oggetti tridimensionali ad un costo molto basso e con diversi materiali.

Le origini della stampa 3D risalgono al lontano 1986, ad opera di Chuck Hull che rilascia il suo brevetto; ovviamente dagli anni Novanta, la stampa 3D ha subito dei cambiamenti grazie anche all'introduzione di innovative tecniche di stampa e con la creazione di nuovi materiali utili per la stampa di pezzi con le caratteristiche meccaniche. Questi fattori hanno permesso così la rapida diffusione di questa tecnica di produzione in numerosi e diversi settori.

Un altro fattore che ha dato man forte alla diffusione delle stampanti 3D è stato quello della scadenza del brevetto di Hull nel 2009: senza brevetto, i costi per questa tecnologia si sono abbassati rendendola economicamente accessibile sia alle piccole che alle medie imprese ma anche ai privati e liberi professionisti. 

La stampa 3D si usa comunemente per la stampa di modelli 3D realizzati con software specifici, nella prototipazione/CAD, nell'architettura, nell'educazione, nell'ingegneria geospaziale, nella sanità e nell'intrattenimento e anche nella vendita al dettaglio. Altre applicazioni di questa tecnologia le ritroviamo in:

  • ricostruzione dei fossili
  • replica di manufatti antichi
  • ricostruzione di ossa e parti di corpo
  • ricostruzione di prove gravemente danneggiate acquisite dalle indagini sulla scena del crimine.

COME FUNZIONA UNA STAMPANTE 3D?

La tecnica principale usata dalle stampanti 3D è quella della produzione additiva che consiste nell’unire e/o sovrapporre strati fino ad arrivare all’oggetto finale. Esistono diverse tipologie di stampe che cambiano in base a come vengono stampati gli strati; possiamo trovare: la modellazione a deposizione fusa (abbreviata con FDM) che si basa su un tubicino che rilascia, strato dopo strato, un polimero fuso fino ad arrivare alla composizione del pezzo finale. Un’altra tecnica è quella del sintetizzatore laser che utilizza, appunto, un laser per trasformare del materiale plastico in polvere in una struttura solida. Simile alla tecnica prima descritta, troviamo la color jet printing che è in grado di creare oggetti in tre dimensioni a partire dalla polvere sia di gesso sia di plastica, ma, a differenza della sintetizzazione con il laser, viene indurita e modellata andando a formare la struttura di base su cui verranno poi apposti degli strati colorati. Un ulteriore modo per stampare in 3D è quella del Digital Light Processing che sfrutta la luce inattinica, ovvero la luce che viene utilizzata nelle camere oscure per la stampa: in questo caso, il polimero si indurisce tramite l’esposizione alla luce attraverso uno specifico proiettore.

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