Vuoi comprare una nuova automobile? Cerchi casa? Hai visto un nuovo maglione e lo vuoi comprare? Possiamo farlo, certo. Ma stiamo decidendo davvero noi quell’azione o c’è qualcuno che decide per noi, magari indirizzando le nostre scelte, in modo magari inconscio e portandoci a desiderare qualcosa che magari fino a poco fa non ci serviva o non sentivamo l’esigenza di averlo?  In un mondo sempre più digitale e digitalizzato, l’algoritmo assume un’importanza notevole. Il passaggio da alleato a nemico, da risorsa per ciascuno di noi ad arma per pochi di noi, è davvero minimo. Gli algoritmi sono diventati le nuove infrastrutture invisibili della società digitale. Sono ovunque, eppure pochi sanno davvero come funzionano. Il termine deriva dalla trascrizione latina del nome del matematico persiano al-Khwarizmi, vissuto nel IX secolo d.C., ma il concetto di algoritmo negli anni si è evoluto ed è stato associato a più campi. Stando alla definizione, spacciata da diversi chatbot di AI, un algoritmo è un insieme finito di istruzioni, chiare e non ambigue, che, eseguite passo dopo passo, portano alla risoluzione di un problema o al raggiungimento di un determinato obiettivo. Detta così, sembra davvero tutto e niente, un po’ d’aria fritta, oppure qualcosa riservato soltanto agli esperti del settore. Invece, l’algoritmo e la sua potenza sono davvero sotto gli occhi di tutti. Ogni volta che apriamo un social network, prenotiamo un volo, leggiamo una notizia o ci affidiamo a un'app per scegliere il ristorante più vicino, c’è un algoritmo che lavora nell’ombra. Calcola, predice, suggerisce. Ma soprattutto, decide? Questa è la domanda di fondo che resta e a cui bisogna prestare attenzione. Possiamo fidarci degli algoritmi? O meglio possiamo, non essendo un’entità autonoma, fidarci di chi li crea e li addestra? Inevitabilmente, l’algoritmo in quanto tale non può essere neutrale ma segue un modello ben specifico che è realizzato a tavolino. Non è un caso che certe campagne politiche, tese ad alimentare posizioni più o meno estremiste, abbiano preso piede proprio grazie ad alcuni tipo di algoritmi. Pregiudizi, squilibri possono essere sui social network facilmente alimentati. Così come possono essere influenzati i consumi, ad esempio. Come magari un tempo poteva fare la pubblicità in televisione, certo, ma con una forza ed un’invasività nonché opacità, decisamente superiore. Gli algoritmi analizzano grandi quantità di dati comportamentali (clic, acquisti, tempo di permanenza su una pagina, interazioni sui social...) per creare profili dettagliati degli utenti. Se per una volta cerchi sui social o sul web un materasso, per diverso tempo ti appariranno pubblicità e post di materassi. Ecco come l’algoritmo entra in campo e influenza il nostro modo di essere. C’è bisogno di trasparenza, audit indipendenti, governance etica. Non bisogna demonizzare l’algoritmo ma bisogna pretendere chiarezza. Il rischio è quello di andare verso una società in cui ogni decisione è presa dalle macchine, in cui l’essere umano abdica il pensiero critico e si fa schiavo delle nuove tecnologie. Sembra un brutto film di fantascienza? Magari sì, ma nemmeno troppo irrealizzabile se non si cercherà di dare un’impostazione critica ma soprattutto etica alle nuove tecnologie che rischiano di sfuggirci di mano.

Articoli Recenti