03/03/2021
Dario Guadagno
Quando lo sport incontra la tecnologia
Che i videogiochi competitivi siano un fenomeno che si sta avvicinando rapidamente al concetto di sport è un fatto ormai noto, così come si comincia a consolidare la visione di questi, non più come antitesi del movimento sportivo, quanto come supporto allo stesso, prova ne è la tendenza crescente da parte delle squadre di calcio di creare un omologo team e-sport.
La tecnologia, dunque, vede aumentare la propria credibilità come strumento a supporto dell'atletismo invece che da stimolo alla sedentarietà, e questo sta portando a soluzioni sempre più interessanti ed intriganti, soprattutto quando "scende in campo" l'intelligenza artificiale.
In principio erano i video: utilizzati per le analisi pre o post gara o come display per mostrare paesaggi virtuali allo scopo di rendere più accattivanti le sessioni su tapis roulant o cyclette, fin dagli albori del boom informatico, l'atleta (o il suo trainer) comprendevano come la semplice realtà tangibile potesse essere "potenziata" con opportuni strumenti.
Al giorno d'oggi sono tantissime le applicazioni, e alcune meritano di essere evidenziate per la loro notevole portata innovativa!
Smart watch e sensori rappresentano oggi lo standard per i club professionistici che vogliono monitorare le prestazioni dei propri atleti, tanto in allenamento quanto in partita: i dati dei wearable vengono trasferiti in basi dati che spesso ricevono informazioni direttamente dai chip inseriti nel pallone o nelle scarpe, consentendo di analizzare ogni aspetto tecnico o tattico di un evento.
Diverse startup si sono cimentate nella realizzazione di sistemi per la creazione di ambienti virtuali in cui simulare la prestazione calcistica. Una di queste, Mi Hiepa, ha creato Rezzil, che mediante visori e sensori posti nelle scarpe e nei parastinchi, è in grado di far vivere l'emozione di una partita in uno stadio inglese. Lo strumento, inoltre, consente di valutare le caratteristiche dei singoli atleti e, mediante algoritmi di inteligenza artificiale, assicura di poter fare realistiche previsioni sulle potenzialità dei giovani calciatori.
Soluzioni analoghe hanno permesso di effettuare provini a decine di migliaia di aspiranti calciatori in pochi giorni, semplicemente utilizzando dispositivi in grado di raccogliere dati tecnici, carenze e caratteristiche fisiche in pochi secondi di "allenamento virtuale". Difficile ad oggi capire quanto l'intelligenza artificiale possa soppiantare l'intuito di uno scafato scout in carne ed ossa e ci piace pensare che il cervello (e l'immaginazione) umano sia ancora inarrivabile ma è indubbio che in termini meramente quantitativi sul numero di test effettuabili in poco tempo, le possibilità siano altamente allettanti.
Anche l'Italia fa la sua parte: il CNR-Isti e l'Università di Pisa hanno sviluppato un algoritmo di intelligenza artificiale, denominato "Injury Broadcaster", in grado di valutare gli allenamti, per prevedere il rischio di infortuni, e le performance per elaborare una classifica di rendimento.
Match analisys e allenamenti personalizzati anche a distanza (a maggior ragione in questo periodo pandemico) sono certamente l'ambito maggiormente battuto, ma due interessanti evoluzioni per la riproduzione vengono dalla Danimarca (con Veo, sistema che promette di riprendere autonomamente le partite, riconoscendo e seguendo il pallone e producendo persino gli highlight) e dagli Stati Uniti, dove la NBA prevede la trasmissione di alcune partite in realtà virtuale (con visori per vivere da casa l'esperienza di un palazzetto).
Infine, sempre dal basket oltreoceano una novità di cui, francamente, non se ne sentiva il bisogno: un software di intelligenza artificiale è stato utilizzato per calcolare, sulla base di diversi parametri, il più bel giocatore della NBA. A chi dovesse interessare, l'ambito(?) riconoscimento è andato a Maurice Harkless, con l'invidiabile (almeno per noi maschietti) punteggio di 94 su 100.