09/10/2020
Segnali dal futuro: tra VR e AR
Wonderlab si avvale delle più moderne tecnologie abilitanti rientranti nell’ampio contesto dell’Industria 4.0, soprattutto quelle relative alla Realtà Aumentata e Realtà Virtuale. Quali sono le ragioni dell’interesse crescente verso queste nuove frontiere?
Siamo ormai abituati a fruire dei contenuti interattivi, e non, come musica, film e videogame tramite i classici televisori o schermi dei nostri smartphone. Ma oggi, più che mai, altri mezzi si stanno prepotentemente facendo largo per portare maggior interattività ed immersione. Stiamo parlando appunto di Virtual Reality (VR) e Augmented Reality (AR), concetti interessanti ma che presentano differenze importanti.
Nella VR l’utente viene circondato ed immerso in un mondo virtuale con il quale può interagire. Nella AR, invece, il soggetto rimane consapevole del mondo reale che lo circonda e a quest’ultima vengono aggiunti elementi artificiali, sempre tenendo conto dell’ambiente in cui l’utente si muove. VR e AR hanno diversi utilizzi e target di destinazione: la VR per essere sfruttata necessita di un visore (come l’Oculus Quest) mentre per la AR, più accessibile, è sufficiente uno smartphone.
I primi esperimenti sulla VR partono già dalla fine degli anni 60 per scopi industriali e di ricerca. Oggi, la VR è impiegata non solo in importanti campi come la medicina, simulazioni per corpi militari e terapia, ma anche per scopi puramente di intrattenimento. Per esempio, piuttosto che interagire con il videogame attraverso un monitor, il giocatore si ritroverà direttamente nel mondo di gioco come se lui stesso fosse il protagonista dell’avventura. Insieme al riconoscimento dei movimenti del corpo e delle mani, ciò permette di raggiungere nuove vette di immersivitá. Se prima, per scoccare una freccia era sufficiente premere due tasti, ora per il giocatore è possibile simulare l’intero movimento per compiere l’azione: raccogliere la freccia dalla faretra, incoccarla nell’arco e scoccarla.
Ma la VR non è solo divertimento. Infatti, come riportato dai dati presentati durante l’ultimo Facebook Connect, questa è stata di estremo aiuto per mantenere in contatto le persone durante questi mesi di lockdown. Se quindi l’interattività ne guadagna vertiginosamente, ancora diverse problematiche si presentano nell’approcciare questa tecnologia ancora in parte immatura.
Prima tra tutte, quelle relative al “motion sickness”, un malessere che si viene a presentare nel momento in cui il nostro corpo manda segnali contrastanti al cervello; per esempio, quando percepiamo di star cadendo nel gioco ma siamo in piedi nella nostra stanza. Mentre le problematiche di “motion sickness” in parte possono essere risolte, a ciò si aggiungono i costi ancora alti dei visori e la necessità di avere spazi ampi per muoversi liberamente.
Come la VR, l’obiettivo della AR rimane sempre quello di offrire una maggiore interazione ed immersione. L’idea è di rendere intelligenti e interattivi gli oggetti che ci circondano, come se ci parlassero. Per permettere il funzionamento dell’AR, abbiamo però bisogno di algoritmi in grado di riconoscere la profondità, i piani e gli oggetti mentre quest’ultimi vengono ripresi da, per esempio, la fotocamera di uno smartphone.
Per quanto vi siano diverse applicazioni a scopo ludico, l’impiego principale dell’AR è quello di rendere le nostre vite più sicure, smart e connesse. Immaginiamo di poter ottenere informazioni in tempo reale semplicemente passeggiando per la strada in base a ciò che stiamo osservando, che sia una vetrina, un manifesto o un segnale stradale. Come si può immaginare, la principale problematica, oltre alla progettazione di algoritmi efficaci e funzionati, deriva dalla praticità. Oggi le applicazioni AR, infatti, sono ben confinate in specifici momenti dove ci viene richiesto di utilizzare il nostro smartphone per guardarci intorno: sarebbe scomodo e non pratico, infatti, l’idea di camminare sempre con la fotocamera accesa in mano.
Quello che si auspica in futuro è di riuscire ad integrare queste tecnologie di rilevamento in oggetti più pratici come per esempio degli occhiali. I Google Glass sono l’esempio di un primo passo in questa direzione per quanto ancora lontani da essere un prodotto consumer, anche per evidenti problemi di privacy che avere una fotocamera costantemente in ripresa comportano.
Cosa fare quindi se avessimo il desiderio di sviluppare applicazioni in AR o VR? La realizzazione di un progetto VR è molto vicina a quello di un normale videogame, mentre per la AR vengono in aiuto diversi tool che ci forniscono la parte più tecnica di rilevazione di piani e forme.
Gli strumenti più famosi sono Vuforia, ARCore e ARKit (rispettivamente per Android e Apple). Queste librerie integrano infatti già degli script per svolgere i compiti più semplici come rilevazione di marker, identificazione di un piano, riconoscimento di oggetti 3D, volti e tanto altro ancora. Il loro supporto ci permette di concentrare la nostra attenzione maggiormente su quello che si vuole offrire all’utenti, piuttosto che dedicare tempo alla parte puramente tecnica.
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