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Negli ultimi dieci o quindici anni il fenomeno delle startup è cresciuto, anche in Italia, sull’onda di una robusta spinta mediatica. Rispetto ad altre, questa è la forma di impresa che ha goduto del più straordinario sostegno culturale. E questo a sua volta si è tradotto in sostegno istituzionale, con il varo di diverse agevolazioni e misure di incentivazione che hanno creato un canale privilegiato rispetto alle altre imprese.

Il vento che ha gonfiato le vele di questo fenomeno è venuto dalla Silicon Valley. E, come per altri fenomeni nati in quell’area, si è trattato di un movimento cui non è mancata una componente ideologica. Il concetto di startup è la celebrazione dell’incontro tra il mito della frontiera e una certa vena di utopismo tecnologico che da quel mito ha preso origine.

Nel 2012 il cosiddetto “Decreto crescita 2.0” ha introdotto una specifica strategia nazionale per le startup innovative, preparata dal rapporto Restart Italia ed elaborata per conto del ministero dello Sviluppo economico da una task force di esperti. Nell’ambito del Decreto-Legge 179/2012 una specifica differenziazione ha riguardato le startup innovative “a vocazione sociale” (SIAVS, in acronimo), in quanto operanti in settori di particolare valore sociale. Gli ambiti di attività di questa categoria di startup sono stati definiti con riferimento alla Legge 155/2006, creando quindi un parallelismo rispetto all’impresa sociale. Non però dal punto di vista degli incentivi, che restano negati alle imprese sociali e sono stati invece garantiti alle SIAVS.

Come le startup innovative hanno rappresentato, nella comunicazione pubblica, l’avanguardia dell’innovazione imprenditoriale, così le startup a vocazione sociale sono state presentate come la punta avanzata in fatto di innovazione sociale, in grado di colmare l’arretratezza delle forme tradizionali di impresa attraverso una robusta iniezione di tecnologia, in particolare digitale. All’epoca della loro comparsa, le startup hanno occupato tutta la scena e sono apparse come la promessa di una rinascita economica e sociale del nostro Paese. A dispetto di ogni evidenza.

Poco importa infatti che alle promesse non siano seguiti i fatti. Anche negli anni successivi, e fino ai nostri giorni, le policy riguardanti le startup innovative hanno continuato ad essere sostenute con un costante incremento degli strumenti agevolativi. Fino al piano nazionale Impresa 4.0 che ha portato a venti le forme di agevolazioni disponibili. Un vero e proprio unicum nel sistema nazionale. 

In un Paese piuttosto refrattario alle politiche industriali, il tema delle startup è stato tra i pochi esempi di impegno duraturo – anche in termini di risorse pubbliche – che ha attraversato l’azione di più governi, riscuotendo un consenso sempre molto ampio. Il modello della startup si è presentato in pubblico come la sintesi tra un manifesto economico fondato sul concetto di innovazione dirompente ed una concreta aspirazione al cambiamento sociale. Programma senza dubbio affascinante.

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