Biomimesi: l’imitazione della natura come potenziale per risolvere le sfide del futuro
Il mondo della tecnologia è in continua evoluzione. Ogni giorno team di specialisti e ricercatori studiano e testano nuovi strumenti che anno dopo anno fanno breccia nella quotidianità per migliorare la qualità della vita. La fiumana del progresso avanza sempre di più passo dopo passo verso la conquista di nuovi scenari tecnologici e verso le frontiere del sapere, sfidando in ogni momento gli strumenti ormai obsoleti e migliorando le loro capacità, soprattutto grazie all’osservazione degli elementi in natura.
La natura, infatti, è sempre stata fonte d’ispirazione nell’arte, nella pittura e oggi lo è diventata anche per la tecnologia, nonostante il binomio natura-tecnologia possa sembrare a prima vista un’antitesi.
"OGNI COSA CHE PUOI IMMAGINARE, LA NATURA L'HA GIÀ CREATA"
Questo pensiero, con cui Albert Einstein definiva “natura” - quell’immensa e perfetta opera di ingegneria -, fonte prima di ispirazione per il genio umano, è lo stesso che oggi anima lo studio e la ricerca della biomimesi.
Dal greco bios = vita e mimesis = imitazione, questo termine è utilizzato per designare una disciplina, relativamente giovane, che si occupa dello studio e dell’imitazione delle caratteristiche degli organismi viventi, per trovare soluzioni progettuali utili al miglioramento delle attività e delle tecnologie umane.
L’uomo studia da sempre la natura, per comprendere come sono “strutturati” gli esseri viventi, come vivono, su quali meccanismi si basano la loro esistenza e le loro interazioni.
Nello specifico, gli umani hanno esaminato la natura per trovare risposte ai problemi durante la propria esistenza, osservando come essa abbia risolto problemi di ingegneria come capacità di autorigenerazione, idrofobicità, autoassemblaggio e sfruttamento dell'energia solare.
La biomimesi o biomimetica, quindi, esprime il nesso tra la biologia e la tecnologia, dove la prima rappresenta il modello primordiale a cui è necessario tendere, mentre la seconda rappresenta il mezzo con cui riprodurre, “mimando”, a tutti gli effetti, i funzionamenti e le strutture cellulari degli organismi, ma anche le capacità organizzative e di adattamento evolutivo che caratterizzano gli habitat naturali.
Leonardo Da Vinci può essere considerato uno dei più illustri antenati moderni della biomimesi. Secondo alcune ricerche fu proprio lui nel 1495 a progettare e realizzare il primo robot simile all’uomo; si chiamava “Automa cavaliere” ed era un umanoide in grado di muovere la testa, le braccia e le gambe. Da allora sono passati secoli e ci sono state numerose rivoluzioni industriali, tanto che questa della robotica è indicata da molti studiosi come la quarta rivoluzione industriale.
IL PUNTO NON È COSA POSSIAMO PRENDERE DALLA NATURA, PIUTTOSTO COSA POSSIAMO APPRENDERE DA ESSA
Biologia e tecnologia sono legate tra loro. L’uomo è da sempre curioso di capire come funziona il mondo, come sono fatti gli esseri viventi, in cosa sono simili e quanto sono diversi. Biologia e tecnologia insieme sono due discipline che possono rendere il futuro migliore, sia per gli uomini che per gli ecosistemi.
Si pensi che ci sono animali con caratteristiche così diverse dall’uomo che si potrebbero costruire tantissime tecnologie ispirate al regno animale. Sorprendente è, ad esempio, il treno ispirato al martin pescatore, un uccello che si tuffa nell’acqua a caccia di prede provocando un bassissimo numero di schizzi. Il becco del martin pescatore, infatti, ha una forma così aerodinamica che è stato preso da esempio per costruire la carrozza di testa di un treno. Il treno si chiama Shinkansen e si trova in Giappone. Grazie a questa modifica, la sua velocità all’ingresso delle gallerie è aumentata del 10% mentre il suo consumo energetico si è ridotto del 15%. Ed è stato eliminato quel boato fastidioso quando il treno fa il suo ingresso nelle gallerie.
La natura è una fonte incalcolabile di ispirazione per gli uomini: la capacità del geco di arrampicarsi sui muri e di non staccarsi è stata studiata da anni; la pelle del polpo è così elastica che può estendersi cinque volte le sue dimensioni; lo scarafaggio si muove con velocità su terreni impervi ma non perde mai l’equilibrio. Sono queste alcune caratteristiche di strutture che si possono riprodurre nei robot.
La biomimesi, difatti, trova attuazione soprattutto nella robotica in cui l’importanza dello studio della natura ha come fine quello di togliere ai robot quella rigidità che in natura non esiste e renderli più simili agli esseri umani.
Con l’avvento della tecnologia anche il modo di guardare la natura è cambiato. Capire come vivono gli esseri viventi e come si relazionano può essere utile anche per costruire robot sempre più evoluti, che siano in grado di aiutare l’uomo in diversi settori.
Le nuove sfide della robotica, che studia come costruire macchine che hanno una certa sensibilità e percezione dello spazio, potrebbero quindi trovare soluzioni dalla natura che in miliardi di anni ha selezionato strategie e materiali efficaci per le necessità degli organismi viventi.
La robotica bioispirata, nello specifico, viene in aiuto in caso di situazioni estreme: terremoti, catastrofi naturali, pericolo chimico. Invece di esporre un essere umano a un pericolo del genere, una macchina potrebbe fare il primo passo in questi territori e dare delle preziose informazioni su come agire.
L’esplorazione degli ambienti estremi e il monitoraggio ambientale sono altri due campi di applicazione per le macchine ispirate alla natura. Un esempio è Spot, un cane robot che ha completato in autonomia la mappatura della radioattività nella zona più vicina al reattore nucleare di Chernobyl.
Oggigiorno il settore della robotica è in continuo sviluppo e miglioramento. Tanto è vero che si può parlare con molta facilità di temi come l’intelligenza artificiale, la biomimetica della natura e l’automazione. Queste tre parole-chiave hanno come fondamento di base la nNatura che diventa la guida, il mentore, il modello d’ispirazione perfetto al quale attingere.
I minimi dettagli che particolareggiano il corpo umano o l’anatomia animale sono usati come punti di riferimento per sviluppare nuovi dispositivi che intendono imitarli. Prendere a modello la natura è proprio alla base della progettazione degli strumenti robotici: le caratteristiche degli organismi viventi vengono copiate al fine di riprodurre qualcosa di molto simile che può essere utilizzato per le applicazioni ingegneristiche. Per esempio, la flessibilità della proboscide di un elefante è di ispirazione per guidare lo sviluppo di molti strumenti chirurgici.
Da diversi anni in queste aree di studio lavorano più di 100 istituti in diverse zone del mondo. Sono centinaia le università coinvolte in questo processo e molte sono le aziende che decidono di affiancarle o di finanziarne i progetti. Ne è da esempio l’umanoide ATLAS, progettato da Boston Dynamics e reso simile alla specie umana, quasi con lo stesso livello di forza e range di mobilità.
ATLAS è capace di camminare persino sulla neve o saltare su altri tipi di terreni dimostrando che il robot gestisce di per sé l’equilibrio e il suo peso: non si tratta di un programma in esecuzione ma il robot ha la capacità di decidere - in base alle situazioni e alle circostanze - come muoversi al meglio. Il software usa tutto il corpo incluso gambe, torace e braccia per gestire la forza necessaria affinché possa saltare passo dopo passo usando la visione computerizzata per gestire i movimenti.
Per quanto questi robot possano sembrare così distanti dalla fisiologia dell’essere umano e dalle sue capacità, essi sono frutto di un accurato studio volto a comprendere i processi biologici che caratterizzano gli esseri viventi.
Affinché i robot possano svolgere le loro attività in maniera dinamica e indipendente è necessario che assomiglino quanto più possibile all’uomo e che acquisiscano le sue abilità. L’antenato di Atlas, PETMAN, utilizza infatti il processo di controllo della temperatura, detto di omeostasi, esattamente come gli umani ed è capace dunque di registrare i dati - sottoposto allo stress chimico - della sudorazione, della temperatura corporea e dell’umidità. Lo scopo della progettazione di PETMAN era quello di costruire un robot che si muovesse come un umano e per fare ciò era necessario che avesse anche le stesse misure del corpo per poter sviluppare la stessa forza, velocità e movimenti all’atto di indossare le tute da testare.
Parte delle sfide della robotica sono state già risolte grazie alla biomimesi. Basti vedere lo strabiliante video pubblicato dalla Boston Dynamics in cui “tutta la squadra di robot” si è riunita per augurare buon 2021. In esso compaiono tre robot (due umanoidi e uno che ricorda le sembianze di un cane) che ballano coordinati con un’agilità sorprendente, come dei veri ballerini professionisti sulle note di Do you love me? dei The Contours.